MA CHI E' L'OPTOMETRISTA?
La risposta a questa domanda, per poter poi sviluppare l'argomento di questo articolo, la trovate in un precedente articolo del Blog (http://aulo-optometry.blogspot.com/2016/03/chi-e-loptometrista.html).
Una volta chiarito il profilo, almeno nei paesi dove l'optometria è riconosciuta e regolamentata, affrontiamo il "paradosso italiano".
L' On. Celeste D’Arrando, membro della Commissione Affari Sociali, ha inviato una lettera al direttore della Rivista Sanità evidenziando un paradosso che si è venuto a creare per questa professione che di fatto non esiste per la legge italiana ma che sette università italiane prevedono nelle loro proposte formative, laureando ogni anno centinaia di nuovi professionisti.
In sostanza si sottolinea, nella lettera della D'Arrado, questo paradosso e si anticipa un'interrogazione parlamentare dove si chiederanno spiegazioni a riguardo e anche di porre rimedio a questa situazione. Gli accordi europei con la stipula degli accordi sulla libera circolazione delle professioni, all'interno del territorio comunitario, prevedevano anche l'impegno, da parte degli stati membri, di istituire le nuove professioni in modo da facilitare la circolazione dei professionisti (Direttiva 2013/55/UE - recepita con il Decreto legislativo 15 del 28 gennaio 2016...meglio tardi che mai!).
La Corte di Giustizia Europea non riesce a contribuire attivamente all'applicazione delle norme già previste. Le professioni sanitarie sono state, tra le professioni intellettuali, le prime per le quali gli organi della Comunità hanno adottato misure per l'attuazione della libera circolazione. Purtroppo gli stati europei contiunano a mantenere la loro sovranità che permette, nononstante le firme degli accordi e le direttive, di non recepire le richieste europee a costo di pagare multe che graveranno su tutta la comunità.
Nel caso dei professionisti è vero che il presupposto indispensabile, ai fini della libera circolazione - come precisa l'art.57 del Trattato istitutivo - è il reciproco riconoscimento dei titoli di formazione universitaria e di abilitazione all'esercizio dell'attività professionale, ma è anche vero che è richiesta, a sua volta, l'armonizzazione da parte degli Stati membri, delle rispettive legislazioni in materia di percorsi formativi, per quanto concerne contenuti didattici, durata dei corsi, insegnamenti teorici, tirocini pratici e così via.
Questo vuol dire che all'Italia viene chiesto di istituire corsi adeguati per professioni esistenti in Europa e ancora non presenti nel nostro paese. Ma le università, con la loro visione sicuramente meno lobbistica e protezionista, si sono già adeguate, come dicevamo, ma questo non è sufficiente. Infatti le professioni necessitano di un inquadramento giuridico che impedisca abusi e garantisca ai professionisti i propri diritti, stabilisca i percorsi formativi, determini gli ambiti di svolgimento della professione e le relative competenze.
Negli ultimi tempi l'Associazione degli oculisti ha fatto dichiarazioni, attraverso i propri vertici, quantomeno azzardate dichiarando che gli Ottici vogliono sostituirsi agli oculisti e che gli stessi rappresentano un rischio per la salute dei cittadini. Si confondono spesso gli ottici con gli optometristi e gli ottici-optometristi. E' evidente che basterebbe favorire una regolamentazione per eliminare una situazione effettivamente confusa e totalmente disomogenea sul territorio nazionale e sicuramente per evidenziare, senza confusioni e generalizzazioni, gli effettivi abusi.
Nessun ottico o optometrista vuol sostituirsi all'oftalmologo che è un medico chirurgo specializzato nella cura e chirurgia dell'occhio. La professione dell'ottico è regolamentata fin dal 1928 (Regio Decreto Legge) e sono convinto che questa categoria voglia semplicemente continuare a svolgere la propria preziosa professione di approntamento delle correzioni ottiche. Quella dell'optometrista invece in Italia, come già detto, non ha una propria legge ma nel mondo è pienamente riconosciuta come la scienza della visione e non rappresenta una sovrapposizione di competenze come talvolta gli oculisti voglino far credere.
Oggi infatti, a causa del sempre maggior impegno visivo, sia lavorativo che ludico, gli occhi sono sottoposti a forti carichi di lavoro e nella maggioranza dei casi gli utenti non si rivolgono allo specialista visivo per patologie ma solatnto per ottimizzare la propria funzione visiva
Perfino una delle guide della moderna oftalmologia, il Prof. Paliaga, nel suo testo "I Vizi di Refrazione" indirizzato agli studenti di oculistica, dice nella sua introduzione "L'esame della rifrazione costituisce un fardello di cui l'oculista medio deve caricarsi più volte nella giornata. Ciò perchè la grande maggioranza dei pazienti si fa visitare al solo scopo di ottenere una prescrizione di occhiali" e segue "L'esame della refrazione è poco amato, quasi sempre subito come una croce inevitabile". E questo lo scriveva nel 1971!!!
Credo che la nostra missione, come optometristi sia, oltre quella di risolvere i problemi di carattere funzionale del sistema visivo, con entusiasmo e passione (e la preparazione adeguata) anche sollevare gli oculisti da questo fardello!
Un precedente, in ambito medico, è quello dell'odontoiatra che una volta doveva essere medico chirurgo. Evidentemente qualche illuminato si rese conto che il percorso formativo poteva essere semplificato e diretto immediatamente sull'obiettivo del proprio lavoro con una laurea diretta. E' altresì evidente che per svolgere il lavoro di individuazione dei problemi visivi refrattivi e funzionali non serve una laurea in medicina ma conoscenze mediche (come presente nella maggior parte delle facoltà di Optometria) che permettano di riconoscere una condizione normale da una patologica da inviare dal medico oculista.
L'auspicio è che finalmente la medicina italiana, sicuramente all'apice per molte discipline, riconosca questa scienza che nel mondo anglosassone ha superato ormai il centenario: l'optometria.
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