mercoledì 15 gennaio 2020

COME SI SMALTISCONO LE LENTI A CONTATTO?



QUANTE NE VENGONO GETTATE ALL'ANNO?
COME DOVETE SMALTIRE LE VOSTRE LENTI?


Forse, se siete portatori di lenti a contatto, non avete mai pensato a come smaltire le vostre lenti usate. Pochi dubbi per la scatola che va buttata nella raccolta della carta, giusto? E la confezione di plastica e alluminio nel realtivo contenitore...ma le lenti? Nel contenitore dell'indifferenziata? O forse in quello della plastica? 

Le lenti a contatto sono sempre più utilizzate, ogni fornitura con un suo tempo di durata da rispettare per la salute degli occhi stessi, che possono essere a cambio mensile o giornaliero. Questo porta a scartare una nuova confezione con sempre maggiore frequenza.

In tutto il mondo si stima che 120 milioni di persone usano (e gettano) lenti a contatto, confezioni e scatoline. Nel Regno Unito ad esempio si stimano oltre 725 milioni di lenti a contatto gettate ogni anno, e proprio qui stanno nascendo pratiche per responsabilizzare gli utenti sul tema smaltimento. E altre campagne sono già state avviate negli Stati Uniti, con eccellenti risultati. La mole di lenti a contatto cresce ovunque, e quindi diventa importante iniziare a preoccuparsi del loro smaltimento alla stregua di un qualsiasi altro rifiuto.

Il Parlamento Europeo ha recentemente approvato la direttiva che vieterà dal 2021 la vendita di alcuni prodotti di plastica usa e getta. Tra questi ci sono le posate monouso, piatti, cannucce ma anche i bastoncini cotonati fatti sempre di plastica. Vi propongo una pratica guida sulla questione dello smaltimento delle lenti a contatto.

 
Ogni fornitura di lenti a contatto possiamo “scomporla” in quattro parti: le lenti a contatto, il blister, il liquido conservante, le lenti e la confezione esterna.

Confezione esterna: è il primo prodotto che dovremo gettare. E' quasi sempre in cartoncino e quindi è interamente riciclabile. La possiamo buttare nel contenitore della carta.



Blister: la confezione, che racchiude la lente ed il liquido conservante, è interamente riciclabile. Si tratta di un involucro trasparente incollato sul foglietto di alluminio, per sigillare il contenuto. La parte esterna è generalmente in plastica, quindi va smaltita tra i materiali plastici, mentre il foglietto di alluminio va gettato seguendo le indicazioni locali, che variano da centro a centro. 

Liquido di conservazione: è dentro al blister e può essere gettato anche nel lavandino, senza particolari problemi.





Lenti a contatto: l'abitudine più frequente, bruttissima abitudine, è quella di buttarle nel water o negli altri scarichi domestici. Cosa sbagliata, perché alcuni materiali di cui sono composte le rendono non biodegradabili. Vanno quindi nell'indifferenziato/generico



 
Luca Ieri
Optometry Doctor - State University of Latvia - Ministry of Welfare licence n.1169
Esperto in tecniche visuo-posturali
Tutor presso la scuola di Clinica Neuro-Visuo-Posturale - Milano
Membro Associazione Italiana Dislessia (AID)

ATTENZIONE: si ricorda che all'interno degli articoli di questo Blog vengono usati termini e concetti semplificati per un pubblico non professionale e a scopo puramente divulgativo.

martedì 14 gennaio 2020

IL COSTO AMBIENTALE DELLE LENTI A CONTATTO

Lenti a contatto recuperate dai fanghi trattati di depurazione, che potrebbero danneggiare l'ambiente. Credito: Charles Rolsky

Dal sito PHYS.ORG (articolo originale) vi propongo un articolo, dell'agosto 2018 sulla problematica dell'inquinamento provocato da un oggetto così piccolo, trasparente e apparentemente inoffensivo come le LENTI A CONTATTO.


August 19, 2018

The environmental cost of contact lenses

by American Chemical Society

Molte persone si affidano alle lenti a contatto per migliorare la propria visione ma questi dispositivi per la correzione della vista non durano per sempre - alcuni sono destinati all'uso per un solo giorno - e alla fine vengono eliminati in vari modi. Negli ultimi tempi, gli scienziati stanno segnalando che gettare queste lenti nello scarico potrebbe contribuire all'inquinamento da microplastica nei corsi d'acqua.

In questo momento i ricercatori atanno presentando i loro risultati al 256° National Meeting & Exposition dell'American Chemical Society (ACS).

L'ispirazione per questo lavoro è venuta dall'esperienza personale. "Avevo indossato occhiali e lenti a contatto per la maggior parte della mia vita adulta", dice Rolf Halden, Ph.D.. "Ma ho iniziato a chiedermi se qualcuno avesse fatto ricerche su cosa succede a queste lenti in plastica!" Il suo team aveva già lavorato alla ricerca sull'inquinamento da plastica, ed è stato un sorprendente risveglio quando non sono riusciti a trovare studi su cosa succede alle lenti a contatto dopo l'uso.

"Abbiamo iniziato a esaminare il mercato degli Stati Uniti e abbiamo condotto un sondaggio sui portatori di lenti a contatto. Abbiamo scoperto che il 15-20% dei portatori getta le lenti nel lavandino o nella toilette", afferma Charlie Rolsky, sudente del dottorato di ricerca che presenta il lavoro. Halden, Rolsky e un terzo membro del team, Varun Kelkar, sono al Center for Environmental Health Engineering del Biodesign Institute presso la Arizona State University (ASU). "Si tratta di un numero piuttosto elevato, considerando che solo negli Stati Uniti circa 45 milioni di persone indossano lenti a contatto".

Le lenti a contatto che vengono smaltite nello scarico finiscono negli impianti di trattamento delle acque reflue. Il team stima che da 6 a 10 tonnellate di lenti in plastica finiscano nelle acque reflue solo negli Stati Uniti ogni anno. Queste lenti tendono ad essere più dense dell'acqua, il che significa che affondano e ciò potrebbe in definitiva costituire una minaccia per la vita acquatica, in particolare per i pesci che vivono sui fondali, che possono ingerire le lenti a contatti, afferma Halden.

Analizzare cosa succede a questi oggetti è una sfida per diversi motivi. Innanzitutto, le lenti a contatto sono trasparenti, il che le rende difficili da osservare nel complicato ambiente di un impianto di trattamento delle acque reflue. Inoltre, le materie plastiche utilizzate nelle lenti a contatto sono diverse dagli altri rifiuti di plastica, come il polipropilene, che può essere trovato in qualsiasi cosa, dalle batterie per auto ai tessuti. Le lenti a contatto sono invece spesso realizzate con una combinazione di poli (metilmetacrilato), siliconi e fluoropolimeri per creare un materiale più morbido che consente all'ossigeno di passare attraverso la lente verso l'occhio. Pertanto, non è chiaro in che modo il trattamento delle acque reflue influisce su queste.

Queste differenze rendono difficile il trattamento delle lenti a contatto negli impianti delle acque reflue. Per aiutare ad affrontare il loro destino, durante il trattamento, i ricercatori hanno esposto cinque polimeri trovati nelle lenti a contatto di molti produttori a microrganismi anaerobici e aerobici presenti negli impianti di trattamento delle acque reflue per diversi periodi e hanno eseguito la spettroscopia Raman per analizzarli. "Abbiamo scoperto che ci sono stati notevoli cambiamenti nei legami delle lenti a contatto dopo un trattamento a lungo termine con i microbi dell'impinato", afferma Kelkar. Il team ha concluso che i microbi, nella struttura di trattamento delle acque reflue, hanno effettivamente alterato la superficie delle lenti a contatto, indebolendo i legami nei polimeri plastici.

"Quando la plastica perde parte della sua resistenza strutturale, si rompe fisicamente. Questo porta a particelle di plastica più piccole che alla fine portano alla formazione di microplastiche", afferma Kelkar. Gli organismi acquatici possono confondere le microplastiche con gli alimenti e poiché le materie plastiche sono indigeribili, ciò influisce notevolmente sul sistema digestivo degli animali marini. Questi animali fanno parte di una lunga catena alimentare. Alcuni alla fine trovano la loro strada verso l'approvvigionamento alimentare umano, il che potrebbe portare a esposizioni umane indesiderate a contaminanti e inquinanti plastici che si attaccano alle superfici della plastica.

Richiamando l'attenzione su questa ricerca unica nel suo genere, il team spera che l'industria prenda nota e almeno fornisca un'etichetta sulla confezione che descriva come smaltire correttamente le lenti a contatto, ovvero posizionandole con altri rifiuti solidi . Halden menziona: "In definitiva, speriamo che i produttori conducano ulteriori ricerche su come le lenti influenzano la vita acquatica e quanto velocemente le lenti si degradano in un ambiente marino".

Luca Ieri
Optometry Doctor - State University of Latvia - Ministry of Welfare licence n.1169
Esperto in tecniche visuo-posturali
Tutor presso la scuola di Clinica Neuro-Visuo-Posturale - Milano
Membro Associazione Italiana Dislessia (AID)

ATTENZIONE: si ricorda che all'interno degli articoli di questo Blog vengono usati termini e concetti semplificati per un pubblico non professionale e a scopo puramente divulgativo.

lunedì 6 gennaio 2020

DISTURBI INTESTINALI CHE PROVOCANO MALATTIE OCULARI?


Per chi si fosse meravigliato della pubblicazione precedente, che non riguardava gli occhi, ecco la spiegazione. Si trattava di un'introduzione sul tema MICROBIOTI. Questi microbi che compongono la flora batterica (o flora microbiotica) possono aiutare l'organismo ma anche comprometterlo se disequilibrati nelle loro componenti.

L'articolo è tratto da una pubblicazione di Silvia Radrezza su "Microbioma.it Aggiornamento Medico" (https://microbioma.it/oftalmologia/asse-intestino-occhio-una-nuova-frontiera-delloftalmologia/).

Asse intestino-occhio: una nuova frontiera dell’oftalmologia

La salute degli occhi passa anche dall’intestino. Capirne meglio la relazione con il microbiota potrebbe facilitare lo sviluppo di nuove terapie mirate per il trattamento di disturbi oculari. Ecco cosa dice la letteratura scientifica.

1 Novembre 2019

Stato dell’arte
Il microbioma intestinale sembrerebbe correlato anche alla salute oculare. Molto rimane però ancora da scoprire.

Cosa aggiunge questo studio
La revisione riassume le evidenze disponibili riguardo la relazione tra intestino, microbioma oculare e patologie dell’occhio.

Conclusioni
L’esistenza dell’asse occhio-intestino sembrerebbe confermata. Un suo ulteriore approfondimento permetterà di mettere a punto terapie mirate per i disturbi e patologie dell’occhio.

La salute degli occhi passa anche dall’intestino. Capirne meglio la relazione con il microbiota potrebbe facilitare lo sviluppo di nuove terapie mirate per il trattamento di disturbi oculari.

È in questa direzione che il campo dell’oftalmologia si sta muovendo: «Ormai diversi studi – spiega Gianluca Scuderi del Dipartimento di neuroscienze, salute mentale e organi di senso – Nesmos della Sapienza Università di Roma e responsabile dell’Unità operativa di oculistica dell’Ospedale Sant’Andrea – hanno dimostrato che esiste un asse intestino-occhio, tant’è vero che chi soffre di sindrome dell’intestino irritabile in molti casi ha anche dei problemi di irritazione della superficie oculare».

Ma qual è il ruolo del microbiota della superficie oculare? «L’equilibrio del microbioma – prosegue Scuderi – è importante non solo per il benessere intestinale, ma anche per quello dell’apparato visivo e quando questo equilibrio si rompe il microbioma può entrare in gioco nell’insorgenza di alcune patologie infiammatorie dell’occhio».

Un recentissimo studio, coordinato da Kara M. Cavuoto della University of Miami Miller School of Medicine (USA) e pubblicato sulla rivista The Ocular Surface, ha infatti confermato come nell’occhio umano coesistano numerosi microhabitat batterici, la cui composizione riflette i livelli di esposizione all’ambiente esterno.

I generi più rappresentati sulla superficie oculare sono Propionibacterium e Corynebacteria, seguiti da Staphylococcus, Streptococcus, Acinetobacter, Brevundomonas, Pseudomonas spp., Aquabacterium e Sphingomonas, seppur con una elevata diversità. Sarebbero infatti in media 221 le specie per soggetto, influenzate soprattutto dalla salute del microbiota intestinale, oltre che dall’età dell’ospite, meno invece dal genere.

Una disbiosi intestinale sembrerebbe infatti avere un ruolo in caso di occhio secco o infezioni, in processi infiammatori oculari quali l’uveite, la cheratite e il glaucoma, ma anche in retinopatie diabetiche o degenerazioni maculari. Eccone qualche esempio.

•    Occhio secco: il decremento di Clostridium a favore dei patogeni intestinali Enterobacter, Escherichia/Shigella e Pseudomonas in seguito a terapia antibiotica peggiora la secchezza oculare in modelli murini. Di contro, miglioramenti significativi sono stati registrati in seguito a trapianto di microbiota fecale da donatori sani in modelli germ-free

•    Uveite: l’incremento a livello intestinale di Fusobacterium ed Enterobacteriaceae sembrerebbe favorire lo sviluppo di uveite

•    Retinopatia diabetica: una ridotta abbondanza di Bacteroides intestinali sembrerebbe correlata a una glicemia elevata, con conseguente aumento del rischio di retinopatia diabetica

•    Degenerazione maculare: elevata presenza fecale di Firmicutes e Clostridia controbilanciata da una scarsa abbondanza di Bacteroidetes ed Erysipelotrichi è risultata associata a un maggior danno alla retina. In pazienti con degenerazione maculare è stata inoltre registrata una più alta espressione di Ruminococcaceae e Prevotella rispetto ai controlli sani

•    Glaucoma: nella sua forma acuta il glaucoma viene oggi considerato da una parte una malattia infiammatoria e dall’altra come una malattia neurodegenerativa al pari di Alzheimer,  Parkinson o SLA. Un aumento di Bacteroidetes e Prevotella intestinali, oltre che di Streptococci a livello orale, sembrerebbero essere aspetti implicati nella sua eziopatologia.

Accanto al microbiota intestinale riveste un ruolo importante per la salute dell’occhio anche il mantenimento della composizione fisiologica del microbiota oculare visto il suo attivo coinvolgimento nei meccanismi di difesa da patogeni esterni come per esempio Pseudomonas aeruginosa, il principale agente infettivo oftalmico.

Tra i fattori influenti troviamo anche l’applicazione delle lenti a contatto. In utilizzatori abituali di tali dispositivi si è registrato infatti un aumento di patogeni opportunisti (Pseudomonas, Acinetobacter, Methylobacterium ecc.) da ricondurre probabilmente a un’alterazione dell’integrità della barriera superficiale oculare.  Inoltre, è stata dimostrata una relazione positiva fra l’arrossamento degli occhi, condizione favorita dalla presenza di lenti a contatto, e la colonizzazione di Haemophilus influenzae.

In conclusione, la manipolazione mirata del microbiota intestinale, nonché il mantenimento della composizione fisiologica di quello oculare, sembrano rappresentare valide alternative per la prevenzione e/o cura di patologie o disturbi dell’occhio. L’applicazione topica di probiotici a base di Lactobacillus acidophilus sembrerebbe per esempio migliorare la cheratocongiuntivite. Considerando però la preliminarità di tali risultati, sono necessari ulteriori studi.

Luca Ieri
Optometry Doctor - State University of Latvia - Ministry of Welfare licence n.1169
Esperto in tecniche visuo-posturali
Tutor presso la scuola di Clinica Neuro-Visuo-Posturale - Milano
Membro Associazione Italiana Dislessia (AID)

ATTENZIONE: si ricorda che all'interno degli articoli di questo Blog vengono usati termini e concetti semplificati per un pubblico non professionale e a scopo puramente divulgativo.

SAPEVI DI AVERE DUE CERVELLI


Da tempo ormai si parla dell'intestino come il secondo cervello ma cosa si intende? Già alla fine del 1900 si è iniziato a parlare dell'intestino in questi termini. A livello viscerale abbiamo 100 milioni di fibre nervose (più di quelle del midollo spinale o del sistema nervoso periferico), incorporate nel lungo tubo intestinale, che permettono la gestione dell'attività digestiva senza dover fare riferimento al "primo cervello". Ma come afferma Emeran Mayer, professore di fisiologia, psichiatria e scienze bio-comportamentali presso la David Geffen School of Medicine dell'Università della California, Los Angeles ( UCLA) "Il sistema è troppo complicato per essersi evoluto solo per assicurarsi che le cose escano dal tuo colon"!(1)



La digestione intestinale è complessa nel suo compito di elaborazione, assorbimento e attività muscolare correlata ed è quindi fondamentale per tutto l'organismo, e in particolare per il cervello, che venga nutrito adeguatamente per poter svolgere al meglio la propria attività. E in questo stanno ricevendo sempre più attenzione, da parte degli specialisti, i microbioti (flora batterica o flora microbiotica), una popolazione di microbi che svolge attività metaboliche e nutrizionali, che ha funzione protettiva e stimola la risposta immunitaria di fronte all’attacco di patologie.

Tornando alla questione più strettamente neurologica gli scienziati sono rimasti sorpresi nell'apprendere che circa il 90 percento delle fibre del nervo viscerale primario, il vago, trasportano informazioni dall'intestino al cervello e non viceversa. Il sistema nervoso intestinale utilizza più di 30 neurotrasmettitori, proprio come il cervello, e infatti il ​​95 percento della serotonina del corpo si trova nelle viscere. Il piccolo cervello nelle nostre viscere, in connessione con quello grande nei nostri crani, determina in parte il nostro stato mentale e svolge ruoli chiave in alcune malattie in tutto il corpo.



Infatti gli scienziati stanno scoprendo che la serotonina prodotta dal sistema nervoso dell'intestino potrebbe anche svolgere un ruolo nelle malattie più sorprendenti: in un nuovo studio di Nature Medicine, un farmaco che ha inibito il rilascio di serotonina dall'intestino ha contrastato la malattia che deteriorava le ossa (osteoporosi) nei roditori postmenopausali (2).

E' stata inoltre identificato un percorso enzimatico, nel microbioma intestinale, che lavora di concerto per convertire efficacemente l'antigene A nell'antigene H del sangue di tipo O, e questo semplificherà la loro integrazione nella pratica delle trasfusioni di sangue, ampliando la disponibilità di sangue (3).




Louveau et al. hanno scoperto una rete di vasi linfatici che trasportano sia il fluido che le cellule immunitarie dal liquido cerebrospinale. Questa osservazione apre la porta alla possibilità che il tratto gastrointestinale possa interagire con il sistema nervoso centrale più di quanto precedentemente ipotizzato. Qualsiasi disbiosi microbica (alterazione della flora batterica o flora microbiotica) può innescare infiammazioni nel sistema nervoso centrale che possono causare, potenzialmente, disfunzione del sistema immunitario, portando allo sviluppo di malattie neurodegenerative come il Parkinson (PD) (5).



L'obesità è un grave problema di salute pubblica in quanto è causalmente correlato a diversi disturbi cronici, tra cui diabete di tipo 2, CVD e cancro. Una nuova ricerca mostra che il microbiota intestinale è coinvolto nell'obesità e nei disordini metabolici, rivelando che gli animali obesi e i soggetti umani presentano alterazioni nella composizione del microbiota intestinale rispetto alle loro controparti magre. Inoltre, il trapianto del microbiota di topi obesi o magri influenza il peso corporeo nei topi riceventi privi di germi, suggerendo che l'ecosistema intestinale è un obiettivo rilevante per la gestione del peso (6).

Una nuova frontiera, nella ricerca della salute e la gestione delle malattie, si prospetta con gli studi che continuano intensi su questo connubio microbico e nervoso che dall'intestino arriva al cervello e quindi in tutto il corpo con le sue influenze positive o negative. Rimanete connessi perchè le novità su questo argomento non si faranno attendere.


BIOGRAFIA
1) Adam Hadhazy "Think Twice: How the Gut's "Second Brain" Influences Mood and Well-Being" Scientific American, February 12, 2010.
2) Vijay K. Yadav, et al. "Inhibition of gut-derived serotonin synthesis: a potential bone anabolic treatment" Nat Med. 2010 Mar; 16(3): 308–312.
3) Peter Rahfeld, et al. "An enzymatic pathway in the human gut microbiome that converts A to universal O type blood" Nature Microbiology volume 4, pages1475–1485(2019)
4) Sangjune Kim "Transneuronal Propagation of Pathologic α-Synuclein from the Gut to the Brain Models Parkinson’s Disease" volume 103, issue 4, p.627-641.e7, august 21, 2019 

5) Louveau A, Smirnov I, Keyes TJ, et al. "Structural and functional features of central nervous system lymphatic vessels." Nature 2015;523:337-341.
6) Yolanda Sanz et al. "Gut microbiota in obesity and metabolic disorders" Cambridge University Press Volume 69, Issue 3August 2010 , pp. 434-441. 

Luca Ieri
Optometry Doctor - State University of Latvia - Ministry of Welfare licence n.1169
Esperto in tecniche visuo-posturali
Tutor presso la scuola di Clinica Neuro-Visuo-Posturale - Milano
Membro Associazione Italiana Dislessia (AID)

ATTENZIONE: si ricorda che all'interno degli articoli di questo Blog vengono usati termini e concetti semplificati per un pubblico non professionale e a scopo puramente divulgativo.

giovedì 2 gennaio 2020

COLLIRI? COME E QUANDO USARLI


COME E USARE I DIVERSI COLLIRI

Affrontiamo in questo articolo il complesso settore dei colliri su quando e come usarli. Iniziamo con una rapida panoramica su quelli ad uso esclusivamente professionale o da prescrizione medica ma solo per completezza di informazione visto che in quei casi ci saranno indicazioni specifiche del medico.

Vedremo: ciclopegici, midriatici, antibiotici, FANS, antinfiammatori steroidei, antistaminici, decongestionanti, lacrime artificiali, rinfrescanti.

CICLOPEGICI
Questi colliri servono, durante le visite oculistiche, a bloccare l'accomodazione dell'occhio. Generalmente vengono usati per poter evidenziare, specialmente nei bambini, problemi visivi che l'occhio tende a nascondere come l'ipermetropia e strabismi collegati a questo difetto visivo. Possono essere usati anche in situazioni di infiammazione importante del sistema di messa a fuoco, per ridurre l'eventuale dolore provocato dall'attività muscolare. L'uso è quindi esclusivamente clinico o al massimo indicato nei giorni precedenti alla visita. Dopo l'uso provocheranno problemi di visione da vicino.

MIDRIATICI
Sono colliri che servono a dilatare la pupilla e permettere, sempre durante una visita oculistica, di valutare al meglio le condizioni di salute delle varie strutture interne dell'occhio. Dopo l'uso daranno problemi di abbagliamento.

ANTIBIOTICI
Gli antibiotici sono medicinali utilizzati per curare o prevenire le infezioni causate da batteri. Sono in grado di uccidere i batteri stessi e/o di prevenire la loro moltiplicazione e diffusione all’interno dell’organismo e la trasmissione ad altre persone. E' importante che siano gestiti sempre dal medico e che vengano seguite strettamente le indicazioni che garantiscono il miglior effetto.

FANS
Con l’acronimo FANS si intendono i farmaci antinfiammatori non steroidei. Sono definiti “non steroidei” perché vengono distinti dalla prima storica famiglia di antinfiammatori utilizzata, ovvero quelli steroidi, cortisonici e derivati. Le azioni fondamentali dei FANS sono antinfiammatorie, analgesiche e antipiretiche. Alcuni hanno anche proprietà antiaggreganti come l’acido acetilsalicilico.

ANTINFIAMMATORI STEROIDEI
Sono farmaci che agiscono bloccando il processo infiammatorio responsabile di edema (gonfiore per accumulo di liquido), eritema e dolore. A seconda della loro formulazione, del dosaggio e di come vengono assunti, hanno effetti antinfiammatorio, antidolorifico, antifebbrile. Ovviamente in caso di collirio l'azione è concentrata sull'aspetto antinfiammatorio.

ANTISTAMINICI
Un antistaminico è un farmaco utilizzato per trattare i sintomi delle reazioni allergiche. Vengono usati frequentemente per le allergie primaverili durante le fasi acute ed agiscono sui sintomi, non essendo curativi. Riducono o bloccano la risposta eccessiva dell'organismo a stimoli spesso normali (pollini, polvere, peli di animali, ecc.). Vengoo usati anche in disturbi da movimento (cinetosi) come mal d'auto.

Esistono poi farmaci specifici per patologie croniche come il glaucoma (pressione alta dell'occhio) che vengono venduti sempre sotto prescrizione medica e che richiedono un seguimento continuo da parte del professionista.

Veniamo quindi ai colliri di vendita libera e cioè senza la necessità di una ricetta medica, che sono quelli sui quali vogliamo concentrarci.


DECONGESTIONANTI
I colliri ad azione decongestionante contengono sostanze vasocostrittrici, in grado di indurre un restringimento dei vasi sanguigni della congiuntiva. Questi tipi di colliri sono di libera vendita, ovvero non richiedono prescrizione medica anche se sarebbe importante consulatre un professionista per l'uso. Sono sostanze che possono risultare subdole in quanto possono dare la sensazione di risolvere un problema mentre lo peggiorano.

Facciamo quindi una premessa: Perché l'occhio diventa rosso e fastidioso?
L'arrosamento dell'occhio avviene per un aumento del diametro dei vasi sanguigni che può portare anche a bruciore, sensazione di corpo estraneo e prurito. Questo avviene per la richiesta di maggior afflusso di sangue che porterà in quel distretto maggior ossigeno e difese. Quindi l'arrossamento è la risposta dell'organismo ad un problema.

I decongestionanti non intervengono sul problema ma sull'effetto di questo e quindi possono essere utili per alleviare i disturbi a patto che si intervenga anche sulla vera causa. Se infatti l'organismo ha bisogno di più sangue per difendersi e ne limito l'afflusso, sto semplicemente privando il corpo delle sue difese. Avrò così due effetti: il peggioramento del problema scatenante e anche quello dei sintomi, una volta terminato l'effetto del collirio.

Durante tutto il tempo che il decongestionante ridurrà la quantità di sangue, l'organismo moltiplicherà la richiesta di questo e al termine dell'effetto farmacologico i vasi sanguigni si dilateranno più di prima (effetto rebound). Spesso al verificarsi di questo la persona ricorrerà al collirio con maggior frequenza fino al rischio di collasso delle pareti dei vasi.

Per concludere possiamo dire che i decongestionanti possono essere utili ma come trattamento sintomatico di un problema che deve essere individuato e risolto, preferibilmente sotto il controllo di un professionista!



LACRIME ARTIFICIALI
Questo collirio serve, come dice il nome stesso, a sostituire o meglio integrare una lacrima che evapora con facilità provocando secchezza oculare. Non va confuso con colliri rinfrescanti che spesso hanno, su questo problema, l'effetto perfettamente contrario. La nostra lacrima è composta da due componenti (vedi articolo sulla secchezza oculare http://aulo-optometry.blogspot.com/2017/06/la-lacrimazione-puo-essere-segno-di.html) una liquida ed una grassa. La seconda è quella che mantiene stabile la parte liquida e ne riduce l'evaporazione. All'alterarsi di questa componente si verifica l'effetto di occhio secco.

Colliri che abbiano acqua distillata, erbe varie, acqua marina, ecc. possono avere la loro utilità rinfrescante, o proprietà decongestionante, come la camomilla, ma nel caso di secchezza oculare l'effetto sarebbe quello di aumentare la parte liquida e rendere meno stabile la lacrima. In questo caso poi l'instillazione cambia radicalmente rispetto a quella per i farmaci (vedi altro articolo su come usare le lacrime artificiali http://aulo-optometry.blogspot.com/2018/09/come-usare-la-lacrima-artificiale.html). La sostanza necessaria per riequilibrare la componente grassa della lacrima è l'Acido Ialuronico che deve essere presente nei colliri in alta percentuale. Spesso questi colliri sono incompatibili con il porto di lenti a contatto (di per se anche le lenti a contatto sarebbero incompatibili con la secchezza oculare) per la loro viscosità, ma esistono anche formulazioni ridotte di acido ialuronico, stidiate opportunamente.

RINFRESCANTI
Come precedentemente detto i colliri rinfrescanti sono composti in genere da acqua distillata, erbe varie (come camomilla, ecc.), acque marine, ecc. Questi prodotti vengono indicati per le situazioni più disparate come occhio secco, affaticamento visivo, ecc. In realtà si riduce spesso all'equivalente di un bicchiere d'acqua che allevia momentaneamente sensazioni sgradevoli ma senza risolvere le vere cause.

Infatti l'affaticamento visivo può dipendere da molteplici fattori che deve analizzare uno specialista della visione e non si risolve con il semplice umettare l'occhio. L'occhio secco ha bisogno di lacrime artificiali. Il rinfrescante può dare un immediato sollievo ma non interviene sul problema. Inoltre in questi prodotti, specialmente negli ultimi tempi, viene inserita anche una certa quantità di acido ialuronico. Si tratta però, in generale, di percentuali irrilevanti per avere un effetto adeguato e alzano il prezzo di un prodotto inefficace.


Luca Ieri
Optometry Doctor - State University of Latvia - Ministry of Welfare licence n.1169
Esperto in tecniche visuo-posturali
Tutor presso la scuola di Clinica Neuro-Visuo-Posturale - Milano
Membro Associazione Italiana Dislessia (AID)

ATTENZIONE: si ricorda che all'interno degli articoli di questo Blog vengono usati termini e concetti semplificati per un pubblico non professionale e a scopo puramente divulgativo.
 

LE LENTI BLU PROTEGGONO REALMENTE, DA PROBLEMI DI VARIO TIPO, GLI OCCHI?

La questione sull'affaticamento, o perfino danni legati all'uso di computer e sistemi elettronici in generale, è molto dibattuto. Ne...